lunedì 7 maggio 2007

Il Partito Democratico a Urbino e la sfida della sinistra alternativa e laica

di Stefano G. Azzarà, da "L'Arcobaleno", n° 1, marzo 2007
Con i congressi di DS e Margherita, verrà avviato nel prossimo aprile il processo di costituzione del Partito Democratico. Per i suoi fautori, esso è una scelta strategica destinata a stabilizzare il sistema e creare un forte e maggioritario riferimento “riformista” nel campo del centrosinistra. Se certamente si tratta di un evento destinato a influire in profondità sullo scenario politico italiano, non sono però poche le perplessità che questo progetto suscita. Vorremmo cercare qui di avviare una riflessione sulle sue possibili ricadute nella vita politica della nostra città. Dopo un quarantennio di gestione del PCI e dei suoi alleati minori, negli anni Novanta – in concomitanza con le grandi trasformazioni politiche nazionali – anche ad Urbino inizia la stagione delle amministrazioni di centrosinistra. Da quel momento, l’equilibrio della vita politica della città sarà imperniato ininterrottamente sull’asse DS-Margherita, con la piena cooptazione degli ex oppositori democristiani. In ogni caso, anche nel nuovo quadro, l’egemonia DS non è mai stata in discussione. Il tradizionale radicamento, le capacità di organizzazione e controllo del territorio, il rapporto privilegiato con la Cgil e la rete delle cooperative locali, l’occupazione dei posti chiave negli enti pubblici, hanno contribuito a far sì che essi mantenessero un enorme consenso. Ma la Margherita ha cercato in questi anni di farsi sempre più spazio, facendo leva sul rapporto con la CISL, con la parte cattolica del mondo cooperativo, con alcune lobbies locali e associazioni come Confcommercio e Confesercenti. Tra i ceti dirigenti dei due partiti rimangono certo differenze di sensibilità ma non ci sono vere divaricazioni strategiche. Soprattutto, comune sembra l’approccio meramente “amministrativo” ai problemi della città e del territorio, portato a gestire l’esistente e mediare tra gli interessi particolari e poco capace di proposte innovative. In particolar modo, essi sembrano accomunati da una cultura politica arretrata. Incapaci di cogliere la grave crisi di identità di Urbino, a partire dal logoramento del rapporto con l’università (la città è oggi un paese dei balocchi svuotato dei suoi abitanti e gravato da un’economia legata alla rendita), sono incapaci anche di ridefinirla. Così come hanno gravi difficoltà a pensare un modello di sviluppo alternativo, che non sia semplicemente legato a settori come l’edilizia. Tutto questo si riflette chiaramente nel modo in cui viene realizzato il programma di questa legislatura. L’accordo di maggioranza puntava molto sul tema della sostenibilità, intesa come sostenibilità ambientale e sociale ad un tempo e considerata non come una politica specifica ma come un’ispirazione generale che avrebbe dovuto informare tutte le azioni della giunta. Ebbene, le scelte sinora compiute - dal capannone Benelli al centro commerciale di S. Lucia -, insieme allo scarso sostegno alle iniziative volte al risparmio energetico, alla raccolta differenziata e alla costituzione di un centro commerciale naturale che riqualifichi il centro storico (iniziative frenate tra l’altro dalla macchina comunale), dimostrano come non si sia realmente compreso cosa questa parola significhi. Lo stesso può dirsi del tema della partecipazione, una parte del programma che è rimasta sinora lettera morta: né per i cittadini né per la comunità migrante sono state sinora previste forme di coinvolgimento. Il rapporto con l’Unesco, infine, possibile punto di svolta delle politiche per la città, è considerato niente più che un orpello decorativo. Questo orientamento di fondo dell’amministrazione ci sembra essere l’esito dell’asse privilegiato DS-Margherita. Esiste tra questi partiti una consonanza che ha solide basi nel blocco sociale dominante in città. Certo, anche nella prospettiva dell’unificazione, è comprensibile che i DS privilegino questo rapporto, piuttosto che interloquire con l’ala sinistra dello schieramento (nonostante i rapporti di forza dimostrino che la Margherita sia oggi nettamente sovradimensionata nella sua rappresentanza). Qui sorgono però le maggiori riserve rispetto al progetto di PD. Se fino a questo momento la competizione pur presente tra i due partiti aveva lasciato alle forze minori alcuni margini di azione, consentendo loro di incunearsi nelle contraddizioni tra DS e Margherita, lo scenario del domani si presenta inquietante. Quando un solo grande partito occuperà in maniera capillare ogni spazio politico e amministrativo, sarà ancor più difficile scalfire questa mentalità arretrata e contrastare le scelte sbagliate.Se volessimo giudicare questo evento da una prospettiva di bottega, dovremmo esserne contenti. Al di là delle scissioni, lo scioglimento dei DS metterà in libertà molti uomini e donne che si sentono di sinistra e cercheranno un riferimento. In realtà, però, non c’è nulla da gioire perché l’eutanasia del maggior partito della sinistra italiana avrà nell’immediato l’effetto di spostare ancor più su posizioni moderate l’intero assetto politico nazionale e cittadino. Ecco allora che enorme diventa anche ad Urbino la responsabilità della sinistra alternativa e laica. Essa sarà a quel punto l’unica sinistra rimasta e avrà il compito di rafforzarsi per compensare la deriva moderata dell’alleanza. Per questo, dovrà sforzarsi anzitutto di ridefinire il rapporto tra la politica e i cittadini, superando l’attuale incomunicabilità e riattivando in città forme di democratizzazione che favoriscano la partecipazione attiva della società e dei movimenti. Senza rinunciare all’identità delle parti che la compongono, dovrà poi trovare le forme organizzative adeguate per far pesare la propria forza. A questo punto non è scontato che essa sia destinata a un ruolo minoritario: ad Urbino come nel Paese, la partita per l’egemonia tra la sinistra e il PD è in realtà tutta aperta.